fine di una terapia

la fortezza è il tempo
del rammendo. é tempo, per me
di splendere

30 giugno 2008


stavamo dicendo: le nostre parole erano uomini
come a dimenticarne

scoprire all'improvviso gli uomini
del passato: discorsi che vincono
il presente

bieco un sacrificio di felicità, intanto
piove di nuovo
e gli uomini del passato solcano il viso

la mia maschera fra le grate mani,
allora capire, per me
è troppo presto, ancora
troppo presto

29 giugno 2008


la notte è versi, prima di una quiete
e fuori rumoreggia e riluce,
inonda il forte di gocce come parole
e dentro è la notte dei versi
e io ti amo, come solo
noi sappiamo amarci

28 giugno 2008


incrociandomi su ciottoli romani o anche sul più moderno asfalto
non reggerai lo sguardo della tua creatura, tu
madre dimentica della prole hai fatto patto di vergogna
con il gusto banale del male
tra gli ingranaggi di una vita a ruggine, un giorno
su pubblica piazza già ti vedo, come da tuo stile contornata
delle tue carte e dei sicari, ti guarderanno bruciare
nel centro della fiamma avrai come sempre la noncuranza
di crederlo atto del tuo spettacolo
ma quella volta brucerà, come volevi essere pura
nella miopia così sarai, la cenere di mille
sigarette spente per gioco
ma quella volta brucerà, davvero.

17 giugno 2008


venticinque sono i giorni che ha richiesto questa attesa
senza opinione. questa notte che viene
dopo oggi che niente di meglio ho saputo fare
se non contare le ore, sapendoti più vicino.

venticinque, i giorni che se durassero tutti
un’ora farebbero poco più di un giorno,
dormendone una notte qualunque.

e questa notte è già venuta, dopo oggi
e non saprò fare che aspettare che passi.
non basta a portare quella quiete
che cerco, la coscienza di un ritorno.

questa notte che ispira poesie
come romanzi, lunghe di tante parole,
ché di tanto tempo non si sa fare
tesoro, senza disperderne le ceneri.

venticinque giorni, venticinque
notti a creare, disfare, io
penelope dei discorsi, ho trovato
un’itaca che ho fatto deserto.

ho cerchiato rossi i numeri del calendario,
e carico di fumo l’attesa, e le domande
non sono spesso quelle giuste, negli occhi,
il volto è la risposta.

come se già nell’incertezza ci fosse
la verità sicura del dolore
nella mancanza, nell’assenza.

questa notte che già passa e ti avvicina, raggruma
le paure, creature dei silenzi che ci siamo
imposti a superiore comunione.

venticinque giorni di chilometri
e pioggia, colpevoli solo, questa
notte, di non essere ancora passati.


14 giugno 2008


capisci che è una metafora, amico
se dico che mi hanno scorticato, vivo
è una metafora, e funziona così
che io avevo creato, e rivestito
con la pelle, è metaforico
anche i muri possono essere pelle
capisci che è una metafora, amico
hanno aspettato che mi addormentassi
che mi allontanassi
poi hanno incominciato, squama a squama
o di qualunque cosa sia composto il derma
prendevano e nascondevano in pacchetti
un lavoro di fino, non c’è che dire
non hanno dimenticato un solo centimetro
finché hanno potuto, hanno tolto
poi si sono messi in testa di cambiarla
la tappezzeria
ora capisci la carne viva? ci piove sopra sale
ma un lavoro di fino, concordi
attendo la rigenerazione
la vecchia pelle, invece
invecchia come il ritratto di Gray
ma la soffitta ce l’hanno dentro
dove l’odore è della carcassa
avvinghiata agli intonaci
e non c’è mai acqua abbastanza
per mondare
la pelle cattiva


9 giugno 2008


è questo il piacere che cola
una sera? sì, ma una rima
non fa primavera