fine di una terapia

la fortezza è il tempo
del rammendo. é tempo, per me
di splendere

20 dicembre 2008


Ecco il ragazzo del divano accanto, a risvegliare
tenere passioni, amico soltanto lo sguardo 
tra la cenere di tabacchi e drink in mano,
ma già mi innamori, incantevole. 

Ho le mani fredde di chi accarezza un fuoco
che non brucia, che non può bruciare. 

16 dicembre 2008


Ho ricordato tutte 
le strade a ritornare,
la chiave è dicembre
di tre anni fa. 

28 novembre 2008


Riflettesi lampionica la luce sul nevoso appena caduto manto,
così il cielo sporcando di notte di rosso lanternal-cimiteriale.

Nevica fuori orario come lungo un tramonto sulla metropoli
irroratamente lenta, lenta - a mo' di gioco, a guisa di parole.

24 novembre 2008


È così che si cade domenica, camminando
verso ovest a rincorrere la luce del tramonto.
Ma è troppo veloce il sole a scendere, è così
che odio il mondo quando è buio. 

8 novembre 2008


Si va di rimando, nel gioco
della memoria è una canzone
o una scena che somiglia, 
una battuta emersa, un deja-vu
e allora io vado di rimando,
di rimando lontano, solo
così vi vivo di nuovo, siete
freschi e importanti. 

23 ottobre 2008


Anch'io sono foglia, che addosso 
si cade. Le mie spore dissemino,
lontane.

19 ottobre 2008


Trentatré centilitri misurava
davanti alla stazione 
minore, la solitudine.

Non dovrei farlo con tale
violenza, non dovrei
riconquistarti così,
Milano, 
violento.

17 ottobre 2008


Lontano amico, fratello distante
ci conoscemmo solitudini in esilio
e all'autunno ci salutammo.
Non importa quanto forte siano
i contrappunti, non importa: tu
raccontami la vita dei giorni. 

14 ottobre 2008


Non son poi così rossi i tetti di Bologna, 
rossa è solo la nostra pigra vergogna. 

3 ottobre 2008


Aria di tempesta e tempi
vuoti come letti. 

(Appiana la memoria dell'acqua 
le distanze crespe, quando 
le mancanze non si colmano 
di silenzio, l'alibi di diverse 
precedenze o la mia stanca 
volontà di esistere alla presenza.)

Questo è l'enigma di una
promessa resistenza.

30 settembre 2008


non dimenticare le parole, la sera,
mentre scendo alla città, scendo a nord.
muto è stato il ritorno, nell'abitudine
di telefonini immobili, e le poche righe
sullo schermo, il tempo a ghiaccio.
non dimenticare le parole, la città
è per me silenzio e freddo, ancora 
è per me il grigio fermo dell'autunno.  

22 settembre 2008


oggi ho camminato di nuovo, lungo il fiume,
e ho rovistato le carte degli anni per buttarne
molte: da quotidiano diverrò eccezione,
devo togliere le vecchie zavorre;

ho trovato una carta ingiallita, stampata, 
mai spedita; qualcosa che sembra già 
mancare, quel tempo è nell'angolo, 
il tempo è accartocciato. 

20 settembre 2008


Resta solo ormai, il mio
romanticismo, che confonde
la realtà nella poesia, che 
rincorre le mancanze, cercando
il giusto sguardo dal tavolo
di un bar e ha sguardi persi 
tra le croste di una pizza.
Così io muoio. 

18 settembre 2008


Sedeva lungo il fiume 
mangiando cioccolato
tra le sigarette, guardando
che correvano, come
li spingesse il vento,
ma lui non si curava,
sciogliendosi dolci
i pensieri di cemento.

10 settembre 2008


Io sono la città, ho intestini
di ferro e freddi destini
di conquista. Dovesse tornare
caldo sulla prospettiva, si
beano le banchine del metrò
da mesi di sistemi a nebbia
refrigerante.

5 settembre 2008


Io non lo credevo difficile
così, il ritrovo alla sera
nella città di sempre. Io
non credevo, nella notte
tanto mancata, facce
così ignote, così dure 
alla parola dell'esilio, così
spente da dubitarmi
nella presenza. E poi
parlavano di vite senza
brindisi, poi finivano 
ad oriente come niente,
come fosse niente,
nella città di sempre.

3 settembre 2008


parla di riflesso il fondo di un bicchiere
di solitudini inviolate dalle ebbre sere

1 settembre 2008


Io non ho paura
di questo vuoto, da giorni
sanguina pensieri
che non racconto.
Improvviso temporale questa notte.
Dal suono puoi sapere
la distanza, ma quando c'è silenzio?
Quando c'è il silenzio?
Ascolto.
Posso lasciarmi riempire solo
di questa pioggia?

27 agosto 2008


vecchi gli amici, vecchie le taverne,
non uso più a quei nomi un tempo appresi.
gli amici, lontani o solo assenti, li conti,
quelli veri tra le grate ultime righe
di una pagina di tesi

26 agosto 2008


Qualcuno mi ama, mi pensa, qualcuno
mi telefona.

(le scie nel cielo, alla fermata)

Intanto stanotte senza sogni ho dormito
abbracciando il cuscino.

24 agosto 2008


Io do la colpa
alla distanza che fa i discorsi
più incerti, che fa le parole
velate intuizioni.

E al mutismo delle lettere
battute, che fa ogni senso
incerto, e lascia all'equivoco
l'azione, la reazione.

Alla distanza muta, che non
sa schiudere il sigillo dei pensieri,
e l'inquietudine non lesina.

So la semplicità di tutto, ma sono
le cose che bramano il suono,
che chiamano la voce, chiamano
l'amico.

23 agosto 2008


Sai cosa sono le parole che dici? Ora
le dici da un lontano tempo, per me
solo vino sulle labbra fredde da tre anni.

(Come mi scaldavi le braccia d’inverno, con
caldi baci dietro i vetri appannati).

Eri quotidiano amore, e libero mi stringevi
al petto per non farmi andare. Sai cosa sono
le parole che mi dici? Ora le usi a pietre,
ché una nuova solitudine ti culla
nei nostri letti, i nostri passati letti.

(Come mi stringevi all’inizio dell’autunno, prima
che fossimo foglie in diversi venti).

Ma io vorrò solo il bianco oblio, come la neve
del passato dicembre, che all'arrivo silenziava
l'abbandono, ricopriva, raffreddava.

21 agosto 2008


notte di cicale e fresco di luna
piena, questa notte fa del sonno
un tormento

(che cosa si dicono le cicale? io
vorrei tutto capire)

notte di fresca luna e cicalare
fremente, salgo la salita a parlare
ad un guardiano

sempre solo in una notte di follia,
e anche un po' di affanno, un po'
di nostalgia

che fa del sonno un tormento:
ecco di nuovo soltanto le strade
di Trento

20 agosto 2008


Quanti scorci ci porse la Città
Straniera, noi li guardammo
da una terrazza di abitudini
nuove

18 agosto 2008


l'ultimo giorno di sole è di nuvole a sud.
Io lascio allo sguardo l'ultimo tocco, all'acqua
il suo ultimo luminoso lavoro

17 agosto 2008


l'ultimo seppellisca gli altri, in saluti
stanchi, che già dalle montagne
il vento cambia la stagione,
annuncia il distacco, annuncia
la chimera

15 agosto 2008


Tra i fuochi mi giocavi, giovane di luce lunare,

una sfida d’occhi (questa è terra di sguardi), ma
di me non trovi che un distratto profilo, guarda
piuttosto la luna sull’acqua, la tua ragazza
già ti cinge i fianchi di un più facile amore.

14 agosto 2008


Insegna la pazienza il male della distanza (dovrebbe insegnare), non
per sé rabbia o noia dell'eccesso. E le parole non risultano, le mie
mai: e io ti odio e non ti odio, nelle cose che medita la gente, nella
celebrazione di un nulla - oggi è la spiaggia sotto vento, brulla.

12 agosto 2008


venivo alla nulla distanza, per portare
un casto disgelo dell'estate, per scoprirmi
felice a vederti nel sonno, tenere e
indecise voluttà senza titolo, e non volevo
altro che sapere come si può
fare, quando accettare il dolore nella sostanza
è rifugiarsi in immagini sbiadite che si credono
vive, quando abbiamo la paura, come si fa
un desiderio di noi, che non sa (non può)
di viscere? già è dolce peccato.
venivo e non volevo altro che la tenera
mia mano tra i capelli fini, venivo a noi
carico di noi, e noi è stato solo un cauto saluto
alla stazione.

se è solo desiderio, questo nodo freddo, le potenze
sciogliamo, in un abbraccio sporco
di baci

2 agosto 2008


Conosco queste rotte ferrate, più notti
ho dormito le invisibili città, nella notte
veloce, veloci e invisibili. Conosco
del ferro il rumore, quando si getta
nell’aspro mattino di un mare stretto,
al desiderio della luce in cenere tra le pale.
Conosco la terra e le città, la casa, conosco
il mare e il nome delle cose

Questo mare decadente lascia ogni risposta
all’onda, un voto ad ogni pietra, frammento
di spazio che prende e destina alla risacca
del tempo. Io guardavo alla riva questo mare
decadere, con la paura della verità dell’acqua?

1 agosto 2008


un tempo te lo dissi, ognuno ha il mare
che riesce a raggiungere: io vengo a te.

26 luglio 2008


certo non è la verita un sollievo: quanta secca mancanza
percuote i sensi, che non riesco a farti chiaro il dire.

25 luglio 2008


oggi alle certezze il sole, al vento le parole
distanti, le bianche parole e le scure nubi


Ripercorrerci ai bellissimi
luoghi. La piazza, il fiume,
l'osteria. Le vie, gli angoli,
i cammini. Ripercorrere
le lontane poetiche, i discorsi,
le presenze: la solitudine
delle panchine. Ancora
volgermi alle stelle
bellissime, lasciarmi
innamorare. Riscrivermi,
con le parole solite, Penelope,
tessermi un rammendo.
Ripercorrere i bellissimi
luoghi, capirmi, passarmi
come tempo, nell'eterno
pomeriggio.

24 luglio 2008


Ancora mezzi nudi vanno sull'asfalto
i bambini in bicicletta, nelle città qualsiasi.
Ancora nelle lacrime si salutano gli amici
partire, dalla città qualsiasi.

22 luglio 2008


non avessi più alfabeti? le parole solo
di altri? né codici a sufficienza, di lettere
combinazioni? se non avessi che la voce?
ancora sarebbe poco? non ho che noi, non ho
che noi, unico suono, e senza strumento, unico
suono della distanza il muto isterismo
di tasti neri sotto bianche dita, e non ho
che noi, da dire

19 luglio 2008


ho riportato dalla montagna la pelle
rossa dell'orso, chiuso l'abbraccio
del saluto all'amico, e ritorno ai momenti
di buio (perdonateli, in quel sole); alla forte
accoglienza di me, un'altro moto
a registrare, e no, non sono diverso,
se esserlo vuol dire saperlo.

17 luglio 2008


dire troppo, non è volontà. è che a volte mi tuffo
nel mare lontano. e faccio freddo il saluto. scusa
questo troppo, che fa freddo il saluto.

15 luglio 2008


notti dormite vestito di ricordo, sul cotone
una città impressa. Forse non c'entra, forse
è uguale, in fondo, stanotte si unisce Cassiopea.

14 luglio 2008


non è il tempo a passar lento, han detto;
sei tu, ad andare più veloce, adesso.

13 luglio 2008


e io mi levo le croste, mi lavo
via le croste, sempre c'è un tempo
di nubi: oggi è ansioso, lo stesso
cielo ingombro ancora. nè forza,
nè voglia ho di levare i peli
dal viso, passano canzoni per me,
il concerto di noi. e io non ho forza,
o parole. quelle poche, sempre quelle.
e allora resta che mi levo le croste.

12 luglio 2008


lasciarsi a mezzanotte (così il cristallo
sul cruscotto) e urlare alle palpebre
stanche: non dormire, che questa non sia
la notte di un prossimo giorno, solo
io voglio il tempo fermare.
ehi, fuori piove, troppo facile dire
"un pianto"

11 luglio 2008


niente di meno che il buio sul volto, ognuno
guardi proprie memorie. non rabbia, io volgo
lo sguardo a un futuro privato

10 luglio 2008


eravamo troppa luce
per unire le stelle estive

ciò che posso, momenti
di cura per le notti lontane

8 luglio 2008


e io ti porterò alle stelle. qualunque cosa
questo voglia dire. come lasciarsi
innamorare, alle bellissime stelle.

perchè è ora che noi facciamo
sgombro questo cielo.

5 luglio 2008


Era il tempo delle confusioni. È qualcosa tipo di noi.
Ed è molto, per me, condividerla con te.
Ma so che è ora, ormai.
Che se non si può fare a meno l'uno dell'altro, è ora.

1 luglio 2008


forse era paura, la pensammo
panico di gioia
certo, ora che so vano
il pianto

30 giugno 2008


stavamo dicendo: le nostre parole erano uomini
come a dimenticarne

scoprire all'improvviso gli uomini
del passato: discorsi che vincono
il presente

bieco un sacrificio di felicità, intanto
piove di nuovo
e gli uomini del passato solcano il viso

la mia maschera fra le grate mani,
allora capire, per me
è troppo presto, ancora
troppo presto

29 giugno 2008


la notte è versi, prima di una quiete
e fuori rumoreggia e riluce,
inonda il forte di gocce come parole
e dentro è la notte dei versi
e io ti amo, come solo
noi sappiamo amarci

28 giugno 2008


incrociandomi su ciottoli romani o anche sul più moderno asfalto
non reggerai lo sguardo della tua creatura, tu
madre dimentica della prole hai fatto patto di vergogna
con il gusto banale del male
tra gli ingranaggi di una vita a ruggine, un giorno
su pubblica piazza già ti vedo, come da tuo stile contornata
delle tue carte e dei sicari, ti guarderanno bruciare
nel centro della fiamma avrai come sempre la noncuranza
di crederlo atto del tuo spettacolo
ma quella volta brucerà, come volevi essere pura
nella miopia così sarai, la cenere di mille
sigarette spente per gioco
ma quella volta brucerà, davvero.

17 giugno 2008


venticinque sono i giorni che ha richiesto questa attesa
senza opinione. questa notte che viene
dopo oggi che niente di meglio ho saputo fare
se non contare le ore, sapendoti più vicino.

venticinque, i giorni che se durassero tutti
un’ora farebbero poco più di un giorno,
dormendone una notte qualunque.

e questa notte è già venuta, dopo oggi
e non saprò fare che aspettare che passi.
non basta a portare quella quiete
che cerco, la coscienza di un ritorno.

questa notte che ispira poesie
come romanzi, lunghe di tante parole,
ché di tanto tempo non si sa fare
tesoro, senza disperderne le ceneri.

venticinque giorni, venticinque
notti a creare, disfare, io
penelope dei discorsi, ho trovato
un’itaca che ho fatto deserto.

ho cerchiato rossi i numeri del calendario,
e carico di fumo l’attesa, e le domande
non sono spesso quelle giuste, negli occhi,
il volto è la risposta.

come se già nell’incertezza ci fosse
la verità sicura del dolore
nella mancanza, nell’assenza.

questa notte che già passa e ti avvicina, raggruma
le paure, creature dei silenzi che ci siamo
imposti a superiore comunione.

venticinque giorni di chilometri
e pioggia, colpevoli solo, questa
notte, di non essere ancora passati.


14 giugno 2008


capisci che è una metafora, amico
se dico che mi hanno scorticato, vivo
è una metafora, e funziona così
che io avevo creato, e rivestito
con la pelle, è metaforico
anche i muri possono essere pelle
capisci che è una metafora, amico
hanno aspettato che mi addormentassi
che mi allontanassi
poi hanno incominciato, squama a squama
o di qualunque cosa sia composto il derma
prendevano e nascondevano in pacchetti
un lavoro di fino, non c’è che dire
non hanno dimenticato un solo centimetro
finché hanno potuto, hanno tolto
poi si sono messi in testa di cambiarla
la tappezzeria
ora capisci la carne viva? ci piove sopra sale
ma un lavoro di fino, concordi
attendo la rigenerazione
la vecchia pelle, invece
invecchia come il ritratto di Gray
ma la soffitta ce l’hanno dentro
dove l’odore è della carcassa
avvinghiata agli intonaci
e non c’è mai acqua abbastanza
per mondare
la pelle cattiva


9 giugno 2008


è questo il piacere che cola
una sera? sì, ma una rima
non fa primavera

11 maggio 2008


i conti delle parole non tornano
mai, quanto sono lunghi i discorsi
non lo sapremo, né potenze
né atti, siamo metafisiche di noi
stessi, poetiche senza limite
se non il nostro sguardo a specchio

ma dimmi quanto durerà la corte
e quanti silenzi ancora sfileranno
nella teoria delle nostre solitudini,
fino a quando avremo la forza
delle nostre risate a proteggere
il fragile, che respira nell’intermezzo
dei nostri passi, fra noi e la lunga
strada verso casa, che il tempo gioca
a condensare, lo spazio a dilatare

e noi qui a prendercela con la paura
e la noia dei soli da troppo tempo,
da troppo tempo non condivisi;
e i conti delle nostre parole
non torneranno, non quadreremo
il cerchio su cui ci rincorriamo,
e nessun senso troveremo
per vecchie metafore:

quali vecchi linguaggi dovremo ancora
sfidare, discutere, inventare?

che strano gusto conoscerti
senza le punteggiature, le pause giuste.
uno strano gusto, sul dolce.

12 aprile 2008


Ancora una volta, sull'erba
vergo di nero pagine sorde,
mute di desiderio, ancora
e sempre è l'ebbrezza
di una debolezza che è fuga,
che è resistere nella distanza.

Ancora una volta, sull'erba
sono angelo franco per bibbie
mai tradotte, ancora dicono
tutti della mia lontananza
che è fuga, che è debolezza,
e imparo l'udito del mercante.

Ancora una volta, sul bianco
di pagine mute, vergo l'eterno
ritornello delle solite parole
...
la mia resistenza distante:
camminare

31 marzo 2008


la mia resistenza è accettare il silenzio,
la mia resistenza è uscire senza salutare,
la mia resistenza è cercare gli occhi, allungare l’udito,
la mia resistenza è provare gli odori,
la mia resistenza è oltre i miei confini, oltre le mancanze,
la mia resistenza è sperimentarmi oltre,
la mia resistenza è viaggiare rimanendo fermo,
la mia resistenza è dal lunedì al venerdì,
la mia resistenza è un caffè la domenica, il sabato,
la mia resistenza è un giornale, un libro, il sole
la mia resistenza è nonostante le ferite inferte,
la mia resistenza è un elenco.
la mia resistenza non serve a nulla, come la poesia,
la mia resistenza è una poesia, un racconto,
la mia resistenza è ogni filo di erba informato dei fatti,

la mia resistenza sopravvive a me stesso, per se stessa,
la mia resistenza si dipana di elemosine, di pasti caldi,
la mia resistenza siete voi, siete la rete,
la mia resistenza è la mia rete, le offerte di tempo,
la mia resistenza è scriverne,
la mia resistenza è fuori, solo fuori, viene da fuori.
la mia resistenza non ha trincee, non ha ostaggi,
la mia resistenza non sa formulare propositi,
la mia resistenza non vuole rivoluzioni,
la mia resistenza è nei giochi di parole,
la mia resistenza è come una ricerca,
la mia resistenza è nelle vostre carezze,
la mia resistenza è l’esistenza delle rime,
la mia resistenza è un’ipotesi, una tesi,
una sintesi

di tutte le mie piccole esistenze resistenti.

2 marzo 2008


camminavo da solo
sulla sponda del solito ruscello
sempre uguale scorre
sempre in un senso diverso.

avevo le labbra secche
per il vento tiepido della sera
una sera già notte
un barlume di primavere.

ad ogni passo non sollevavo
che polveri amare metafore dell'animo
dilaniato anche il gelato del conforto
non era dolce ma insapore.

ho solo le labbra più secche.
forse è il vento.
forse.

le bagno di vodka e tonica
fingendo interesse per le storie
del barista del bar dal nome greco
ma almeno offre l'accendino.

"non sei un ingegnere, sei più
svaccato" e infatti non lo sono
ma non ho lasciato i coinquilini
a casa a disfarsi di bong.

sono uscito da solo.
e ho le labbra sempre più secche.
sarà il vento, forse.

8 febbraio 2008


torno a scrivere anche se ho perso
le mani a ticchettare su una notte
di plastica siamo tutti bravi forse
perché è semplice e banale il dolore
che ha la forma del vuoto
o la solitudine come la si chiami
semplicemente amplifica le emozioni
senza punteggiature
come i più onanistici esercizi
di stile

raccolta